Gli ospedali degli Innocenti e di San Gallo a Firenze nel ricordo di Vincenzo Tazzi

“La legittimità delle confraternite [e degli ospedali] e la loro attribuzione alla sfera laica oppure, viceversa, a quella ecclesiastica in realtà erano state già sempre combattute e gli autori medievali lo sapevano bene; anzi, mi sono reso conto con mia sorpresa che loro, i medievali, lo sapevano meglio degli storici moderni. Questi ultimi invece tendono a sistemare il fenomeno nella casella che a ognuno fa comodo, spesso senza accorgersi che così non solo semplificano in modo inopportuno il dibattito medievale, ma che inoltre fanno propria tacitamente la posizione di una delle parti in lizza” .
“[...] Economia, religione e diritto segnano tre prospettive diverse dalle quali confraternite e ospedali medievali percepivano se stessi e venivano osservati dall’esterno. Esse rimandano a funzioni sociali distinte, ognuna fondata su un linguaggio proprio e su pratiche particolari ...” (T. Frank, Religione, diritto, economia ... 2019).

Sono queste complessità, distinte ma interdipendenti e mal comprese, uno dei motivi per cui oggi i locali ospedali medievali di Toscana annoverano pochi approfonditi studi nell’ambito del diritto regio o ecclesiastico, del beneficio e del culto, del controllo e, se di privati, nel governo generale secondo i criteri voluti dal fondatore.
Il fine supremo di tutti quanti gli ospedali ovviamente fu la “sustentatio pauperum” – orfani, stranieri, miserabili, ammalati – alla quale vennero preposti dei rettori laici religiosi dei terz’ordini regolari o con altra veste giuridica. Tali rettori governarono come meglio seppero o poterono, secondo il mandato o le contingenze del tempo. Ovvero ebbero particolari responsabilità e fecero scelte, delle quali parla, ad esempio, un acuto scritto di Vincenzo Tazzi, ex computista dell’ospedale di Santa Maria degli Innocenti di Firenze (sec. XVII), nella parte dell’unione di questo con altri ospedali.
Il brano si trova nel manoscritto I quattro quartieri di Firenze (Biblioteca Nazionale), copiato dal canonico Giovanni Vincenzo Capponi (naturalista e botanico, † 1747, v. Catalogo del Salvini, 931) da un libretto prestatogli dal bibliotecario della Laurenziana Antonio M. Biscioni († 1756).
Il quartiere che comprende l’ospedale è quello di San Giovanni.

“SPEDALE DEGL'INNOCENTI

Relazione dell’origine, e fondazione dello Spedale degl’Innocenti, e dell’unione al medesimo d’altri spedali, et altre memorie attinenti al detto Spedale, messe insieme dal reverendo m. Vincenzio Tazzi, già computista del medesimo Spedale. E sono in un libretto, che si conserva nell’archivio di detto Spedale.

L’anno 1419 fu comprata una parte di giardino appresso alla Piazza de’ Servi da messer Rinaldo di messer Maso degl’Albizi, per edificarvi uno Spedale atto a ricevere i gettatelli, et in detto tempo l’Arte di Por Santa Maria [della Seta] cominciò a fondare il detto Spedale, a tempo di Lodovico Bertini dalle Tavernelle, notaio e cancelliere di detta Arte.
La pianta di questo Spedale, compresa la gabella, costò allora scudi 1800, e dall’anno 1419 fino al 1450 spese la detta Arte nella muraglia e possessione scudi 30 mila e più, e per potere allevare, e mantenere i figlioli, e ministri di detto Spedale.
S’aperse il medesimo Spedale l’anno 1444 prima che fusse finita da fabbrica di esso 4 anni et il primo che vi fusse ricevuto fu una femmina, et ebbe nome Agata e fu messa | nel presepio da una donna alli 5 di febbraio dell’anno sopradetto, 13 giorni doppo, che s’era aperto.
In memoria di questo fatto il molto reverendo don Vincenzio Borghini [1515-1580], priore dello Spedale sino dall’anno 1572, eresse un altare dalla parte delle donne in honore di Sant’Agata, ereggendone un altro dalla parte de’ fanciulli in honore della Santissima Croce, perché un giorno di venerdì fu introdotta la detta Agata in questo luogo.
La cerimonia, che fu fatta nell’aprire questo Spedale, fu la seguente. Fecero i consoli di Por Santa Maria, come veri e legittimi padroni e fondatori, publicamente notificare per il publico banditore, per cedole affisse alle porte delle principali chiese di Firenze, et alla viva voce de’ predicatori un mese innanzi alli 24 di gennaro 1444, che s’aprirebbe il nuovo Spedale da loro edificato, invitando il Comune e Popolo di Firenze a quella cerimonia, che fu tale.
Adunati i consoli di detta Arte, la mattina nella cattedrale, il vescovo di Fiesole m. Benozzo Federighi [† 1450], che allora governava come suffraganeo il clero fiorentino, e per sorte trovandosi accidentalmente il patriarca di Gerusalemme in Firenze, favorì, come non mancò il legato del sommo pontefice, che risedeva qui appresso la Signoria di favorire colla sua presenza | tal cerimonia, et adunato tutto il popolo in detta cattedrale si partirono processionalmente i consoli e vescovo predetto con gl’altri prelati e clero. Arrivati allo Spedale il vescovo benedisse la nuova casa secondo la forma del messale, di poi benedicendo i paramenti, con i quali doveva celebrare, solennemente vestito cantò messa alla SS. Vergine titolare di esso Spedale, et all’offertorio arrivarono li signori priori e gonfaloniere di Giustizia con tutti i magistrati, che assisté alla messa, e fece l’offerta secondo il solito, et in qual medesimo tempo M. Marco spedalingo eletto per detti consoli, vestì un oblato, o vero commesso, di vestimenti neri con un bambino in petto, degl’istessi panni, ed ebbe nome questo tale Lapo Pacini.
Finita la cerimonia e la messa, i consoli accompagnarono quei tre prelati alle loro case, e la Signoria se ne tornò a palazzo. Restò aperto lo Spedale a tutti i figlioli, così femmine, come maschi, il che non dovevon fare, né San Gallo, né la Scala, come annessi a questo.

Unione dello Spedale di San Gallo fuori della porta, già de’ frati Eremitani di Sant’Agostino al nostro degl’Innocenti

Tre Spedali trovo per le scritture del nostro archivio essere stati in diversi tempi annessi a questo nostro degl’Innocenti. Il primo è lo Spedale di San Gallo fuori di quella porta che, anticamente chiamandosi porta Bolognese, da lui prese il nome di San Gallo insieme con la strada che a quello conduce. Di questo Spedale di San Gallo, e sua fondazione non posso dire altra notizia che quella che si cava dall’intitolazione d’un libro segnato A intitolato Entrata e Uscita di detto Spedale, che si conserva nel nostro archivio degl’Innocenti, nel principio del che, dopo la solita invocazione di Dio, e di Maria sempre Vergine etc. si leggono le seguenti parole:

«E di messer Santo Gallo, capo e guida, protettore e singularmente fattore di questo Spedale, sotto il cui nome è fondato, edificato e accresciuto, e di tutta la celestial corte etc.».

Questo libro fu tenuto a tempo d’un fra Giorgio Nuti l’anno 1392 a dì primo gennaio et è il più antico, che nel nostro archivio si ritrovi delle scritture del detto Spedale di San Gallo.
Il secondo fu lo Spedale de’ Pollini nobili fiorentini, chiamato della Scala di Firenze.
Il terzo fu quello della Scala di San Gimignano annesso similmente a questo a i nostri tempi regnando il serenissimo | gran duca Cosimo singular benefattore di casa nostra. Dico adunque, che ritrovandosi edificata questa superba fabbrica, e questo luogo illustrato da molti privilegi di sommi pontefici e dalla repubblica fiorentina, acciò che questi tre luoghi pii in una medesima città non havessero assieme litigii, come spesso seguiva, particolarmente tra quello della Scala, e il nostro, o per precedenza, o per aggravio, o detrimento che paresse all’uno ricever dall’altro, risolverono di tre farne un buono e grande, che non recusasse i figlioli d’alcuna sorte, il che non doveva seguire di quelli antichi Spedali, trovandosi da i libri dello Spedale di San Gallo, che spesso si trovavano la mattina bambini stati la notte la notte [sic] lasciati sotto i portici, e nel cimitero di detto Spedale; onde nascevono molti scandoli per non accettare que’ ministri, se non quelli che pareva loro, al che s’aggiunse che concedendo i sommi pontefici l’investiture di detti Spedali, li facevano liberi, et assoluti padroni dell’entrate di quelli, senz’havere a chi dovessero render conto.
Onde li signori consoli dell’Arte, et operai nostri, ottennero per tali cagioni in pieno consiglio un privilegio, che chiunque tentasse d’impetrare il nostro Spedale, etiam dal sommo pontefice, senza legittima elezzione di quel magistrato, fusse | giudicato reo di pena capitale, cosa molto ben pensata e che serrò la strada alle rapine, osservandosi puntualmente sino al dì d’oggi, che il priore e spedalingo non habbia altro dallo Spedale che vitto e vestito per la sua persona solamente. Che se ciò havesse osservato lo Spedale di San Gallo non havrebbe dato causa a questa unione, ritrovando io nell’accordo che frate Michele di Vanni da Firenze, allora priore fa col nostro Spedale, e consoli, che essendosi molto indebitato, forse per sbrigarsi da’ quei travagli, cedé tutti i beni, e lo Spedale stesso di San Gallo a messer Giovanni di Niccolò da San Gimignano, allora nostro priore, et alli nostri operai, che erono in quel tempo, cioè Manno Temperani, Mariotto d’Accorso Lippi, Pandolfo di messer Giannozzo Pandolfini e Lodovico di Leonardo Buoni con le seguenti condizioni.

A dì 4 ottobre 1463
I. Prima, che detto frate Michele priore di San Gallo non avesse a spendere niente nella spedizione delle bolle da ottenersi dal papa per l’unione predetta, concedendo libera facultà di potere impetrare dette bolle al nostro priore, operai e consoli dispogliandosi d’ogni preminenza del governo, precedenza et altro.
2°. Che detto frate Michele si riserva sua vita durante il titolo di priore e spedalingo di | San Gallo lasciando nel resto (ottenute che havranno le lettere dell’unione) il governo dello Spedale al priore, operai e consoli dell’Arte, con i quali deve detto frate Michele unitamente intervenire a tutte le faccende che s’haveranno da fare per servizio di detto Spedale.
3°. Che i consoli et operai predetti non devino rimuover l’armi che sono in detto Spedale, ma si conservino intatte a perpetua memoria de’ benefattori di quel luogo, aggravando in questo le coscienze loro. La rovina de’ sobborghi per l’assedio del 1530 assicurò le coscienze.
4°. Che il priore, consoli et operai predetti sieno tenuti dare al detto frate Michele sua vita durante scudi 8 il mese con assegnarli per sua sicurtà un banco in Firenze a sua elezione, e questo per pensione e suo’ luoghi da lui ceduti.
5°. Perché si ritrova una casa, staiora 20 di terra alla Porta alla Croce di suo patrimonio, se ne riserva il detto frate Michele durante sua vita l’usufrutto, con che rimanga doppo la sua morte libero al nostro Spedale, per remissione de’ suoi peccati.
6°. Che tutti coloro che havessero a dare a frate Michele a conto dello Spedale, paghino agl’operai e consoli, a carico de’ quali resti il sodisfare tutti coloro che pretendessero da lui in qualsivoglia modo, si che lui | resti libero.
7°. Che tutto il mobile, cioè grasce, masserizie, e sino i bestiami dei lavoratori de’ beni dello Spedale di San Gallo sieno liberamente e senza eccezzione alcuna dello Spedale degl’Innocenti.
8°. Che i consoli dell’Arte sopra detta assicurino frate Michele da ogni gravezza imposta o da imporsi, e venendo il caso paghino.
9°. Che detti consoli, et Arte osservino tutte l’allegazioni attenenti a detto Spedale da lui fatte.
10°. Che madonna Papera maggior dal lato delle donne (come dice lui e noi diciamo priora), sia conservata nel suo luogo, volendo stare nello Spedale di San Gallo durante sua vita, non possa esser rimossa, e non volendo stare, sia tenuto lo Spedale spesarla honorevolmente, e lasciarla godere le sue masseritie le quali doppo la di lei morte restino liberamente allo Spedale degl’Innocenti.
11°. Che detti operai, e consoli faccino ufiziare la chiesa ritenendo in detto Spedale almeno tre sacerdoti, che celebrino giornalmente. Il suddetto frate Michele priore di San Gallo morì alli 24 di maggio 1488.

Dell’unione della Scala di Firenze e di quello di San Gimignano la suddetta relazione non dice | cosa alcuna.
Nella chiesa di questo Spedale sono 5 altari, de i quali il maggiore è adornato d’una bellissima tavola di mano di Domenico Grillandaio. Negl’altri non v’è cosa considerabile. Appié dell’altar grande, tapello di marmo, con la seguente iscrizione di monsignor Borghini, huomo celebre de i suoi tempi monaco vallombrosano, spedalingo di questo Spedale.
«† Vincentii Borghini ossa. Obiit anno 1580 die 15 augusti. Vixit a. 63 mens. 9 d. 20».
Fu consecrata la chiesa a dì 8 aprile [11 aprile 1451 in altra copia] dal reverendissimo et hoggi Santissimo Antonino arcivescovo di Firenze con l’assistenza di tutto il clero, della Signoria e consoli dell’Arte di Por Santa Maria, e di quasi tutto il popolo fiorentino. Credo vi sia memoria in una cartella appresso l’altar maggiore”.

Trascritto da Paola Ircani Menichini, 18 ottobre 2024. Tutti i diritti riservati.




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